Gli articoli più commentati

Problemi articolari: il sesso degli asana

Viparita Dhanurasana

“Mmm, pensandoci bene, maschile o femminile?”

Gli esperti di Yoga in Italia si dividono in due: quelli che dicono “le asana” e quelli che dicono “gli asana”. Qual è l’articolo giusto? E perché convivono entrambi? Perché c’è così tanta incertezza sul sesso degli asana?

Prima di tutto “asana” in sanscrito è una parola neutra. Siccome in Italiano il neutro non esiste, come in tanti altri casi di passaggio da una lingua all’altra in questi casi sorge il problema di attribuire un genere, maschile o femminile, al termine. Ci sono buoni motivi per considerare validi entrambi gli usi, soprattutto se consideriamo che i due campi hanno entrambi buoni argomenti e autorevoli rappresentanti.
“Le asana”

Ci sono almeno tre buoni motivi per considerare “buono” il femminile:

  1. – Quando si adotta un termine straniero, è legittimo attribuirgli il genere della sua traduzione più prossima. Siccome “asana” si traduce con “posizione”, “postura”, “posizione seduta” (tutte e tre inequivocabilmente femminili in italiano), viene spontaneo adottare lo stesso genere, soprattutto da parte di chi non conosce il sanscrito.
  2. – Con tutte quelle “a”, all’orecchio italiano viene spontaneo attribuire il femminile, visto che in genere la gran parte delle parole che terminano in “a” in italiano sono femminili.
  3. – Insegnanti, traduttori ed editori autorevoli hanno adottato il femminile (Gabriella Cella, alcune edizioni italiane dei libri di Swami Satyananda Saraswati, i libri di André van Lysebeth editi da Mursia e tradotti anche da Antonio Nuzzo), probabilmente senza neanche porsi il problema, oppure perché abituati così ormai da decenni.

 

“Gli asana”

La motivazione principale per adottare questa scelta di sesso e di campo è principalmente una:

  1. – I sanscritologi, riuniti oltre un secolo fa in un fondamentale congresso per determinare le regole della traslitterazione dall’alfabeto della lingua sanscrita (che totalizza una cinquantina di lettere) nell’alfabeto latino (che ne ha 26 nella versione anglosassone), hanno deciso che i termini neutri in italiano si traducono al maschile. Tale norma, con numerose eccezioni dettate dall’uso, vale o dovrebbe valere anche per l’uso in italiano di termini di altre lingue che contemplano il neutro, come inglese e tedesco.

Autorevoli insegnanti, traduttori ed editori usano il maschile (anche se, ad esempio. l’associazione “Light on Yoga Italia, Associazione per la diffusione dell’Iyengar Yoga” adotta ecumenicamente entrambe le forme: al maschile nel sito quando parla del libro di Iyengar “Yoga” pubblicato da Mondadori, al femminile nella rivista dell’associazione…). I campioni principali del maschile per gli asana sono l'”Associazione per lo studio dello yoga e della cultura orientale” Asyco di Torino, e la rivista Yoga Journal Italia che ha pubblicato nel suo primo numero una lettera sul tema, sostenuti anche da alcuni autorevoli dizionari della lingua italiana.

Probabilmente la questione sarà decisa dall’uso. Per esempio, oggi (11 settembre 2014), cercando con Google “gli asana” compaiono circa 7130 risultati. Cercando “le asana” ne compaiono circa 18.500.
Come si vede, e come capita spesso in Italia, la confusione è tanta. Come in tanti altri casi che comportano problemi di sesso, è difficile che si arrivi tanto presto a una visione comune, visto che le due alternative hanno circa lo stesso numero di sostenitori e quando l’orecchio s’abitua in un certo modo, è difficile cambiare.
La storia non finisce qui, comunque. Risolto il problema del sesso degli asana, c’è anche quello del sesso delle mudra (pronunciato con la “a” lunga, come se fosse scritto “mudraa”). Mudra in sanscrito è femminile, ma in italiano si traduce “gesto” e anche “sigillo”, e la buona parte dei testi e degli insegnanti che ho sentito dice tranquillamente “il” mudra.
Insomma, come sempre, è difficile prescrivere agli altri come comportarsi in fatto di sesso…

[Articolo scritto nel dicembre 2006 e aggiornato nel settembre 2014]

Yoga e altre discipline: consigli per praticare di più, anche con poco tempo

Poco tempo da dedicare a sé stessi?

Per praticare di più, ecco qualche consiglio veloce per chi ha poco tempo:

  1. rubare tempo alla tv;
  2. in caso di insonnia, invece di rigirarsi nel letto, alzarsi e fare qualche esercizio con ritmo molto lento;
  3. crearsi una sequenza di 15 minuti da praticare al mattino prima di colazione;
  4. praticare appena arrivati a casa dal lavoro, prima di cena;
  5. oppure trovare il modo di fare uno spuntino-cena molto leggero entro le 19-20 e poi praticare una mezzora fra le 22 e mezzanotte prima di andare a letto;
  6. studiare bene il saluto al sole e le sue varianti, e praticarlo ogni mattina per 3-6 cicli, rinviando le pratiche più articolate a momenti migliori;

Il consiglio principe però è: rubare tempo alla tv. La tv è un mangiatempo incredibile: ipotizzando 30 canali a disposizione e dedicandovi un minuto ciascuno, passa mezzora solo per vedere “cosa c’è in tv”. In mezzora si può fare una pratica di yoga veloce e soddisfacente.

 Altro dettaglio importante: saltare un giorno ogni tanto fa bene, quindi se il tuo obiettivo è praticare tutti i giorni, non sentirti in colpa se una o due volte alla settimana salti: aiuta il tuo corpo a recuperare eventuali microstress e a diventare più elastico.

Questi consigli valgono sia per chi pratica Yoga, sia per chi pratica altre discipline a corpo libero: Pilates, Tai Chi Chuan, ginnastica presciistica, e così via.

Buoni propositi per pigri

L’inizio dell’anno porta con sé un periodico problema: i buoni propositi. La tv è inondata di lezioni di chitarra a dispense, collezioni d’arte da 2,99 euro e corsi di lingue esoteriche. Tutti sono portati a intraprendere nuove iniziative (le lezioni di chitarra, appunto) e prendere importanti risoluzioni per l’anno nuovo (tipicamente, dimagrire).

Lo yoga richiede disciplina e consapevolezza, due qualità che in genere non incoraggiano la pigrizia. C’è un’eccezione: un aiuto agevole per rinforzare i buoni propositi, grandi e piccoli. Il sankalpa.

Invece di fare l’eroico sforzo di volontà, da domani smetto di fumare, da domani mi metto a dieta, volli volli fortissimamente volli, e altri impegni matti e disperatissimi, l’antica tradizione dello yoga ha perfezionato un metodo che aiuta ad attivare buoni proponimenti quasi senza fatica.

Semplificando, si tratta di esprimere il proprio desiderio durante la pratica di rilassamento. Il sankalpa è una risoluzione di importanza personale espressa in modo breve e positivo che viene ripetuta tre volte mentalmente durante il rilassamento, quando la mente è più ricettiva.

La tecnica è stata resa popolare da Swami Satyananda Saraswati e divulgata nell’ambito dello Yoga Nidra (sonno yogico), basandosi peraltro su antiche tecniche tradizionali.

Il desiderio deve essere espresso in modo positivo, cioè in modo da visualizzare il comportamento virtuoso. Se dico “voglio smettere di fumare” evoco l’atto del fumo e il messaggio che arriva all’inconscio è il contrario di quel che vorrei razionalmente. Invece devo dire a me stesso, ad esempio: “ho deciso di buttare via le sigarette”, visualizzando l’atto di farlo. Ripetendo mentalmente il sankalpa durante il rilassamento alla fine della pratica di yoga, mandiamo un messaggio all’inconscio che ci aiuta a tener fede al buon proposito. Una volta tanto, una via per migliorare sé stessi adatta anche per i più pigri.

Per approfondire: “Yoga Nidra”, Swami Satyananda Saraswati, Ed. Satyananda Ashram Italia.




Uomini e donne

Sono stato al seminario di Gabriella Cella “Lo yoga delle Dee”, tenuto a Parma il 16 novembre 2007. Il seminario è stato molto interessante. All’inizio, Gabriella Cella ha osservato che su oltre quaranta partecipanti pochissimi erano uomini. Poi ha fatto due osservazioni che mi hanno fatto riflettere. La prima, che lo yoga è stato sviluppato da uomini. La seconda, che attualmente lo praticano in grande maggioranza le donne, probabilmente perché più portate all’introversione e all’esplorazione di sé stesse.

Il tema è aperto alla discussione, ma in base alla mia esperienza ho il dubbio che in certi casi le cose stiano diversamente. È certamente vero che le donne, in genere, sono più attente e sensibili ai sentimenti degli altri, e più acute nell’interpretarli.

(altro…)

Come aprire e promuovere un centro Yoga…

In Italia non sempre è possibile disporre di uno spazio così grande per la sala pratica…

“Per praticare lo Yoga bisogna scegliere una capanna ben costruita, pulita e libera da insetti, in un paese ben governato e dove vengono elargite generose elemosine” (trad. di Giuseppe Spera, “La lucerna dello yoga”, Hatha-Yoga Pradipika, ed Magnanelli).

Lo yoga non si pratica nel vuoto. Ci sono anche i problemi pratici che riguardano sia chi pratica, sia chi insegna. E questi problemi cambiano a seconda dell’epoca e del luogo in cui si vive.

Per questo motivo  ho scritto un breve manuale con le indicazioni di massima per aprire e promuovere un centro Yoga, giunta alla quarta revisione grazie alle osservazioni e ai contributi di insegnanti e amici. Il manuale contiene una serie di indicazioni utili per praticare e insegnare Yoga oggi, in occidente, nel mondo moderno. Può essere utile per insegnanti di Yoga, titolari di centri Yoga e può fornire idee utili anche per chi lavora nel mondo delle palestre. Se vuoi ricevere gratuitamente una copia in formato pdf per tua valutazione senza impegno, scrivi qui e segui le istruzioni del messaggio automatico, oppure lascia un commento a questo post, qui sotto.

L’elenco dei capitoli:

• 1. Introduzione: marketing buono e marketing cattivo
• 2. Yoga e denaro
• 3. Il business plan
• 4. Trovare un nome
• 5. Trovare il luogo
• 6. La concorrenza
• 7. Cenni sulle problematiche fiscali
• 8. Come promuovere il centro (pubblicità, passaparola, Internet, promozioni)
• 9. Un po’ di Pubbliche Relazioni
• 10. La promozione di un singolo corso
• 11. Rapporti con gli allievi
• 12. Rapporti con gli insegnanti
• 13. Insegnanti e titolari di centri Yoga raccontano la loro esperienza.
• 14. Come organizzare eventi e seminari.
• 15. Lavorare con le palestre
• 16. Conclusione

Se vuoi comprarne subito una copia in formato digitale o cartaceo, puoi cliccare qui.

Il libro è disponibile anche su Amazon in formato Kindle.

Lo scopo dello yoga

Lo scopo dello yoga è rinforzare la spina dorsale in modo da poter star seduti a meditare con la schiena diritta almeno un’ora senza fatica, in una posizione che, per chi è in grado di prenderla, è più confortevole delle normali posizioni sedute “all’occidentale” con sedie o poltrone.

Ecco perché lo yoga offre così tante posizioni ed esercizi che girano la spina dorsale in tutte le direzioni, stimolando tutte le articolazioni e tutti i muscoli del corpo, anche quelli più piccoli e dimenticati dai normali allenamenti.

Il sottoprodotto dello yoga è una schiena forte e sana, articolazioni in buono stato, un sistema immunitario più robusto e una migliore salute generale.

Yoga lampo per indaffarati

Allunga, tonifica, rinforza: Il saluto al sole. Qui una posa di una delle diverse varianti.

Chi non ha la fortuna di abitare vicino a un centro yoga oppure non ha il tempo o la possibilità di seguire almeno tre lezioni collettive alla settimana, ha il problema di trovare il tempo e la voglia di praticare un po’ da solo.

Fra lavoro e impegni quotidiani, la difficoltà è trovare il momento giusto:

– puoi durante l’intervallo di pranzo, ma in ufficio non c’è lo spazio adatto;
– hai tempo dopo cena, ma hai appena mangiato le lasagne e non si può;
– ti piacerebbe di mattina, ma non hai tempo perché devi uscire: come si fa a dedicare un’ora alla pratica prima di andare al lavoro?

Uffa, non c’è mai tempo, come si fa?

Una buona soluzione per praticare da soli anche senza tempo e con poco spazio è il saluto al sole, surya namaskara.

Il trucco è questo:

1. Impari bene una delle innumerevoli versioni del saluto al sole, quella che ti piace di più oppure quella che ti consiglia il tuo insegnante.

2. Ogni mattina, con la pioggia o col sole, con la neve o con il vento, fai da 3 a 6 saluti al sole, imponendoti di farne almeno 3. Direttamente in camera da letto, prima di colazione.

Per fare tre serie complete di saluto al sole bastano cinque minuti d’orologio. La prima serie la inizi molto piano, senza allungarti, anzi allungandoti al minimo indispensabile per eseguire le diverse posizioni. Serve come preriscaldamento. La seconda ti allunghi un pochino, la terza probabilmente riesci ad eseguirla con una buona scioltezza. Se te la senti ne fai altre tre e poi riposi due minuti in savasana.

Il tempo da dedicare a questa pratica è di soli cinque minuti se fai tre serie, e dieci se ne fai sei. Alla portata di tutti, persino di mattina prima di uscire.

Il saluto al sole è una pratica completa che muove tutto il corpo, allunga i muscoli delle gambe e delle spalle, estende la spina dorsale avanti e indietro e riattiva la circolazione dappertutto.
Le prime due settimane saranno difficili, poi scoprirai che questi cinque minuti al giorno sono un tonico ti rendono molto più forte e flessibile anche per la pratica settimanale nel tuo centro yoga.

Qui una variante di saluto al sole, con spiegazioni in inglese.

Una volta presa l’abitudine, saltare un giorno ogni tanto non è un problema, anzi consente al corpo di recuperare eventuali microtraumi se si esagera.

Naturalmente si può obiettare che questo un po’ tradisce la filosofia dello yoga. Sì: l’ideale sarebbe un’ora di pratica con lentezza e consapevolezza, venti minuti di rilassamento, quaranta di pranayama e infine un’oretta di meditazione, possibilmente due volte al giorno. Ma, dovendo praticare facendo i conti con i problemi della vita quotidiana in occidente, bisogna prendere atto anche del fatto che ci possono essere diverse stagioni nella vita: quella in cui si può praticare due ore al giorno tutti i giorni, e quella in cui durante la settimana bisogna accontentarsi di tre saluti al sole prima di prendere il caffè e andare in ufficio.

E' vero che i vegetariani sono mammolette?

I veri uomini, secondo il luogo comune, mangiano bisteccone alte due dita, sotto una montagna di patatine. Tex Willer, quando entra nel saloon con Kit Carson, non ordina mica un’insalata greca.

Uomini e donne che hanno il sangue nelle vene mangiano carne, non sono mica vegetariani. Sarà vero?

C’è un ma… tori, cavalli, rinoceronti ed elefanti sono vegetariani stretti, e anche la più sanguinaria delle tigri del Bengala vi si avvicina con un certo rispetto, quando non li evita del tutto.

È significativo che esistano sia la metafora “forte come un leone”, sia “forte come un toro”.

Ma se la prima è suggestiva, la seconda contiene una combinazione di forza, aggressività, pericolo e potenza sessuale che i leoni se la sognano.

Persino “forte come un bue” (animale castrato, e quindi privo di potenza sessuale) sottintende una forza inarrestabile e metaforicamente illimitata – con la stessa disponibilità a cedere terreno, in caso di conflitto, di un paracarro di granito. E infatti Gandhi, con il suo modo non violento, ha messo in riga l’impero più carnivoro e aggressivo dopo l’Impero Romano, l’Impero Britannico.

Inoltre, se una volta anche per l’uomo mangiare carne significava catturare e uccidere il proprio pasto, adesso l’uomo occidentale che mangia carne si ciba di proteine rigorosamente morte da diverso tempo, oltre che uccise da terzi e industrialmente trattate in fabbriche grigie e fredde come cliniche svizzere.

Al contrario, frutta e verdura che arrivano sulla tavola crude, sono ancora vive, anche se acquistate al supermercato.

Il carnivoro occidentale quindi non si rende conto che la vera forza è affettare un carciofo vivo e assaporarlo con olio e limone (strizzato vivo), o gustare un’insalata con germogli di soia, ancora così vivi e vitali che potrebbero nascere delle piantine, se adeguatamente coltivati.

O fare un pinzimonio di sedani e rapanelli vivi — condito con olio extravergine di olive – vive – spremute a freddo.

Nulla a che vedere con la “political correctness” di mangiare pesci morti, polli defunti, cadaveri di maiale e bovini trapassati remoti.

Forse solo le modalità di cottura di gamberoni e aragoste sono pari alla crudeltà di cogliere le more e mangiarle appena colte, un destino che oggi, nell’alimentazione umana, in tutto il regno animale forse solo le ostriche condividono.

Non parliamo poi dell’evidente significato di mangiare noci, nocciole e noccioline: includerle nella dieta non e’ diverso da mangiare embrioni vivi.

Forse non è un caso se anche Adolf Hitler, come Gandhi, era vegetariano. Winston Churchill, che era un carnivoro, per fortuna riuscì a battere Hitler (ma con l’aiuto degli americani). Però dovette cedere il passo a Gandhi, che era vegetariano e praticava karma-yoga.

La preghiera serve per chi la dice, non per chi la riceve

Alcune ricerche mediche confermano che meditare, recitare mantra e recitare il rosario (ovvero tenere impegnata la mente pregando) sono attività che aiutano a rilassare il corpo, abbassare la pressione sanguigna e migliorare l’umore. È anche esperienza comune che, dopo essere stati per qualche tempo in un luogo silenzioso e solenne, dopo aver pregato, dopo la confessione per chi è cattolico, dopo essersi confidati con una persona sagga e autorevole, in genere ci si sente sollevati, o comunque più tranquilli.

Un’altra ricerca ha tentato di accertare se le preghiere da parte di terzi hanno effetto sullo stato di salute dei malati. Circa un migliaio di pazienti sono stati divisi in tre gruppi. Il primo gruppo era oggetto di preghiere per la guarigione ma non lo sapeva; il secondo gruppo era oggetto di preghiere per la guarigione e lo sapeva; per il terzo gruppo non pregava nessuno. Anche se i risultati non sono conclusivi, l’effetto dell’esperimento è stato: il primo e il terzo gruppo ha avuto un indice di complicazioni mediche analogo (ovvero la preghiera non ha avuto alcun effetto differenziale, né in meglio né in peggio). Il secondo gruppo di pazienti (che sapevano che qualcuno stava pregando per loro) ha avuto più complicazioni. L’ipotesi è che i pazienti del secondo gruppo, sapendo di essere oggetto di preghiere, fossero più in ansia per la loro situazione medica. Il maggior stress risultante avrebbe dato origine a un maggior numero di complicazioni cardiache.

Anche se questi dati non sono conclusivi, da queste ricerche mediche sembrerebbe che pregare per sé stessi sia utile. Pregare per gli altri invece sarebbe inutile, anzi, se qualcuno va a dirglielo, sarebbe anche dannoso…

I link:

– Effetti della recitazione del rosario e di mantra yogici sui ritmi cardiovascolari (BMJ)

– Effetti delle preghiere su pazienti affetti da problemi cardiaci (NCBI)